martedì 19 aprile 2011

FENICE

La fenice, spesso nota anche con l'epiteto di Araba fenice, era un uccello mitologico noto per il fatto di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. Gli antichi egizi furono i primi a parlare del Bennu, che poi nelle leggende greche divenne la fenice. Uccello sacro favoloso, aveva l'aspetto di un'aquila reale e il piumaggio dal colore splendido, il collo color d'oro, rosse le piume del corpo e azzurra la coda con penne rosee, ali in parte d'oro e in parte di porpora, un lungo becco affusolato, lunghe zampe, due lunghe piume — una rosa ed una azzurra — che le scivolano morbidamente giù dal capo (o erette sulla sommità del capo) e tre lunghe piume che pendono dalla coda piumata — una rosea, una azzurra e una color rosso-fuoco —. In Egitto era solitamente raffigurata con la corona Atef o con l'emblema del disco solare.

Associazione con animali reali

Molti storici si domandano se sia esistita la fenice, facendo riferimento alle opere dei poeti romani, considerandola nulla di più di un prodotto della fantasia dei seguaci del Dio-Sole. Alcuni, tuttavia, credono che il mito possa essere basato sull'esistenza di un vero uccello che viveva nella regione allora governata dagli Assiri.
Gli antichi la identificavano col fagiano dorato, tanto che un imperatore romano si vantò di averne catturato uno.
Nella Bibbia, con l'ibis o col pavone; altri, con l'airone rosato o l'airone cinereo — basandosi sull'abitudine degli antichi egizi di festeggiare il ritorno del primo airone cinereo sopra il salice sacro di Eliopoli, considerato evento di buon auspicio, di gioia e di speranza.
Il volatile più idoneo a rappresentarla è la Garzetta: uccello simile all'airone, di cui numerosi esemplari vennero sterminati solo poiché i loro ciuffi costituivano le "aigrettes" usate per confezionare i pennacchi coi quali si adornavano le dive. Come l'airone che spiccava il volo sembrava mimare il sorgere del sole dall'acqua, la Fenice venne associata col sole e rappresentava il BA ("l'anima") del dio del sole Ra , di cui era l'emblema — tanto che nel tardo periodo il geroglifico del Bennu veniva impiegato per rappresentare direttamente Ra.
Quale simbolo del sole che sorge e tramonta, la Fenice presiedeva al giubileo regale. Ed essendo colei che ri-sorge per prima, venne associata al pianeta Venere — che appunto veniva chiamato "la stella della nave del Bennu-Asar", e menzionata quale Stella del Mattino nell'invocazione:
«Io sono il Bennu, l'anima di Ra, la guida degli Dei nel Duat. Che mi sia concesso entrare come un falco, ch'io possa procedere come il Bennu, la Stella del Mattino.»
E come l'airone, che s'ergeva solitario sulla sommità delle piccole isole di roccia che sbucavano dall'acqua dopo la periodica inondazione del Nilo che ogni anno fecondava la terra col suo limo, il ritorno della Fenice annunciava un nuovo periodo di ricchezza e fertilità. Non a caso era considerata la manifestazione dell'Osiride risorto, e veniva spesso raffigurata appollaiata sul Salice, albero sacro ad Osiride. Per questa stessa ragione venne riconosciuta quale personificazione della forza vitale, e — come narra il mito della creazione — fu la prima forma di vita ad apparire sulla collina primordiale che all'origine dei tempi sorse dal Caos acquatico.
Si dice infatti che il Bennu abbia creato sé stesso dal fuoco che ardeva sulla sommità del sacro salice di Eliopoli. Proprio come il sole, che è sempre lo stesso e risorge solo dopo che il sole "precedente" è tramontato, di Fenice ne esisteva sempre un unico esemplare per volta. Da qui l'appellativo "semper eadem": sempre la medesima.
Era sempre un maschio, e viveva in prossimità di una sorgente d'acqua fresca all'interno di una piccola oasi nel deserto d'Arabia, un luogo appartato, nascosto ed introvabile. Ogni mattina all'alba faceva il bagno nell'acqua e cantava una canzone così meravigliosa che il dio del sole arrestava la sua barca (o il suo carro, nella mitologia greca) per ascoltarla.
Talvolta visitava Eliopoli (la città del sole, di cui era l'uccello sacro), e si posava sulla pietra ben-ben: l'obelisco all'interno del santuario della città (nota originariamente col nome di "Innu", che significa "la città dell'obelisco", da cui il nome biblico On).

La morte e resurrezione

Dopo aver vissuto per 500 anni (secondo altri 540, 900, 1000, 1461/ 1468, o addirittura 12955/ 12994), la Fenice sentiva sopraggiungere la sua morte, si ritirava in un luogo appartato e costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma.
Qui accatastava ramoscelli di mirto, incenso, sandalo, legno di cedro, cannella, spigonardo, mirra e le più pregiate piante balsamiche, con le quali intrecciava un nido a forma di uovo — grande quanto era in grado di trasportarlo (cosa che stabiliva per prove ed errori). Infine vi si adagiava, lasciava che i raggi del sole l'incendiassero, e si lasciava consumare dalle sue stesse fiamme mentre cantava una canzone di rara bellezza.
Per via della cannella e della mirra che bruciano, la morte di una fenice è spesso accompagnata da un gradevole profumo. Dal cumulo di cenere emergeva poi una piccola larva (o un uovo), che i raggi solari facevano crescere rapidamente fino a trasformarla nella nuova Fenice nell'arco di tre giorni (Plinio semplifica dicendo "entro la fine del giorno"), dopodiché la nuova Fenice, giovane e potente, volava ad Eliopoli e si posava sopra l'albero sacro,
«cantando così divinamente da incantare lo stesso Ra»
- per altro si dice anche che dalla gola della Fenice giunse il soffio della vita (il Suono divino, la Musica) che animò il dio Shu.
Ma nella antica tradizione riportata da Erodoto, la fenice risorge ogni 500 anni, come riportato da Cheremone, filosofo stoico iniziato ai misteri egizi che parla di un <periodo solstiziale>, da Orapollo vissuto sotto Zenone (474-491) che -come sappiamo dal lessico Suida - diresse la scuola egizia a Menouthis, presso Alessandria, da Eliano di Preneste; la rinascita della fenice cela per tutti questi autori un periodo astronomico connesso alla resurrezione di Osiride. Già nel Capitolo 125 del Libro dei Morti, Osiride afferma di rinascere come fenice nella città di On (Eliopoli) sede di miti cosmologici; contestualmente, infatti, Osiride si identifica con il Duplice Leone nei nomi di Ieri e Domani, ovvero Osiride e Ra, simbolo esoterico preposto alle rinascite dei cicli solari[1]. Orapollo palesa senza veli che la fenice è una delle manifestazioni del sole <dai molti occhi> come interpretato da Sbordone che riporta una grafia tarda del nome di Osiride costituita da un occhio e uno scettro. Da qui l'occhio della fenice inteso come l'illuminazione consapevole di Osiride che - sempre secondo Orapollo - rinascendo incarna <il rinnovamento ciclico degli astri> , intrinseco alla fiamma del <periodo solstiziale> della fenice riportato in un frammento di Cheremone.

La storia

Storicamente parlando, viene menzionata per la prima volta in un libro nell'esodo (VIII secolo a.C.). Uno dei primi resoconti dettagliati ce lo fa lo storico greco Erodoto circa due secoli dopo:
« Un altro uccello sacro era la Fenice. Non l'ho mai vista coi miei occhi, se non in un dipinto, poiché è molto rara e visita questo paese (così dicono ad Eliopoli) soltanto a intervalli di 500 anni: accompagnata da un volo di tortore, giunge dall'Arabia in occasione della morte del suo genitore, portando con sé i resti del corpo del padre imbalsamati in un uovo di mirra, per depositarlo sull'altare del dio del Sole e bruciarli. Parte del suo piumaggio è color oro brillante, e parte rosso-regale (il cremisi: un rosso acceso). E per forma e dimensioni assomiglia più o meno ad un'aquila. »
Proprio a questo resoconto di Erodoto, dobbiamo l'erronea denominazione di "Araba Fenice". Ovidio, nelle Metamorfosi, ci narra della fenice, uccello che giunto alla veneranda età di 500 anni, termine ultimo della vita concessagli, depone le sua membra in un nido di incenso e cannella costruito in cima ad una palma o a una una quercia, e spira. Dal suo corpo nasce poi un'altra fenice che, divenuta adulta, trasportò il nido nel tempio di Iperione, il Titano padre del dio Sole..
Ovidio dice:
« ... si ciba non di frutta o di fiori, ma di incenso e resine odorose. Dopo aver vissuto 500 anni, con le fronde di una quercia si costruisce un nido sulla sommità di una palma, ci ammonticchia cannella, spigonardo e mirra, e ci s'abbandona sopra, morendo, esalando il suo ultimo respiro fra gli aromi. Dal corpo del genitore esce una giovane Fenice, destinata a vivere tanto a lungo quanto il suo predecessore. Una volta cresciuta e divenuta abbastanza forte, solleva dall'albero il nido (la sua propria culla, ed il sepolcro del genitore), e lo porta alla città di Eliopoli in Egitto, dove lo deposita nel tempio del Sole. »
Eliopoli, dove i sacerdoti di Ra conservavano gli archivi dei tempi passati. In quest'ottica, la Fenice era il nuovo profeta/messia che "distruggeva" gli antichi testi sacri per far risorgere una nuova Religione dai resti della precedente.
Tacito arricchisce la storia, scrivendo che la giovane fenice solleva il corpo del proprio genitore morto fino a farlo bruciare nell'altare del Sole. Altri scrittori descrivono come la fenice morta si trasformi in un uovo, prima di essere portata verso il Sole.
Il Fisiologo, primo bestiario cristiano, cita il favoloso uccello:
« IX) La fenice
C'è un altro volatile che è detto fenice.
Nostro Signore Gesù Cristo ha le sua figura, e dice nel Vangelo:
«Posso deporre la mia anima, per poi riprenderla una seconda volta».
Per queste parole i Giudei si erano scandalizzati e volevano lapidarlo. C'è dunque un uccello, che vive in alcune zone dell'India, detto fenice. Di lui il Fisiologo ha detto che, trascorsi cinquecento anni della sua vita, si dirige verso gli alberi del Libano, e si profuma nuovamente entrambe le ali con diversi aromi. Con alcuni segni si annuncia al sacerdote di Eliopoli nel mese nuovo, Nisan o Adar, cioè nel mese di Famenòth, o di Farmuthì. Dopo che il sacerdote ha avvertito questo segnale, entra e carica l'altare di sarmenti di legno.
Quindi il volatile arriva, entra nella città di Eliopoli, pieno di tutti gli aromi che sprigionano entrambe le sue ali; ed immediatamente vedendo la composizione di sarmenti che è stata fatta sull'altare, si alza e, circondandosi di profumi, un fuoco si accende da solo e da solo si consuma. Poi, un altro giorno, giunse un sacerdote e, dopo aver bruciato la legna che aveva collocato sopra l'altare, trovò qui, osservando, un modesto vermicello, che emanava un buonissimo odore. Poi, al secondo giorno, trovò un uccellino raffigurato. Il terzo il sacerdote tornò a vedere e notò che l'uccellino era divenuto un uccello fenice. Una volta salutato il sacerdote, volò via e si diresse al suo luogo antico. Se invero questo uccello ha il potere di morire e di nuovo di rivivere, nel modo in cui gli uomini stolti si adirano per la parola di Dio, tu hai il potere come vero uomo e vero figlio di Dio, hai il potere di morire e di rivivere.
Dunque come ho detto prima, l'uccello prende l'aspetto del nostro Salvatore, che scendendo dal cielo, riempì le sue ali dei dolcissimi odori del Nuovo e dell'Antico Testamento, come egli stesso disse: «Non sono venuto ad eliminare la legge, ma ad adempierla». E di nuovo: «Così sarà ogni scrittore dotto nel regno dei cieli, offrendo rose nuove ed antiche dal suo tesoro »
La lunga vita della Fenice e la sua così drammatica rinascita dalle proprie ceneri, ne fecero il simbolo della rinascita spirituale, nonché del compimento della Trasmutazione Alchemica — processo Misterico equivalente alla rigenerazione umana ("Fenice" era il nome dato dagli alchimisti alla pietra filosofale).
Già simbolo della Sapienza divina (cfr. Giobbe 38 verso 36), intorno al IV secolo d.C. venne identificata con Cristo presumibilmente per via del fatto che tornava a manifestarsi 3 giorni dopo la morte, e come tale venne adottata quale simbolo paleocristiano di immortalità, resurrezione e vita dopo la morte.
Dante Alighieri così descrive la Fenice:
« che la fenice more e poi rinasce,
quando al cinquecentesimo appressa
erba né biada in sua vita non pasce,
ma sol d'incenso lacrima e d'amomo,
e nardo e mirra son l'ultime fasce. »
(Inferno XXIV, 107-111)
Al giorno d'oggi sopravvive il modo di dire "essere una fenice", per indicare qualcosa di cui non si conosce l'uguale, introvabile, un esemplare unico e soprattutto inafferrabile, secondo il ben noto detto di Metastasio ("Demetrio", atto II, scena III):
« Come l'araba Fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. »
Tale espressione venne ripresa pari pari da Lorenzo Da Ponte nel libretto di Così fan tutte musicato da Mozart, per affermare l'impossibilità di trovare la fedeltà nelle donne:
« È la fede delle femmine come l'araba Fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. »

Astronomia

La Fenice (abbreviazione: Phe) è anche una costellazione dell'Emisfero Sud, vicino a Tucana (il Tucano) e Sculptor. Fu così chiamata da Johann Bayer nel 1603, ed è costituita da 11 stelle. Assai curiosamente, questa costellazione è universalmente stata riconosciuta come uccello, ed è stata chiamata Grifone, Aquila, Giovane Struzzo (dagli arabi) e Uccello di Fuoco (dai cinesi).

La fenice nel mondo

Vi sono controparti della Fenice in praticamente tutte le culture: sumera, assira, inca, azteca, russa (l'uccello di fuoco), quella dei nativi americani (Yel), e in particolare nella mitologia cinese (Feng), indù e buddista (Garuda), giapponese (Ho-oo o Karura), ed ebraica (Milcham):

In Cina

«Un uccello mitologico, che non muore mai, la fenice vola lontano, avanti a noi, osservando con occhi acuti il paesaggio circostante e lo spazio distante. Rappresenta la nostra capacità visiva, di raccogliere informazioni sensorie sull'ambiente che ci circonda e sugli eventi che si dipanano al suo interno. La fenice, con la sua bellezza assoluta, crea un'incredibile esaltazione unita al sogno dell'immortalità».
The Feng Shui Handbook, feng shui Master Lam Kam Chuen
I cinesi hanno un gruppo di quattro creature magiche (detti "I quattro Spiritualmente-dotàti") che presiedono i destini della Cina, e rappresentano le forze primordiali degli animali piumati, corazzati, pelosi e con squame. Questi quattro animali sacri sono: Bai Hu (la tigre bianca) o Ki-Lin (l'unicorno) per l'Ovest; Gui Xian (la tartaruga o il serpente) per il Nord; Long (il drago) per l'Est; e, per il Sud, Feng (la Fenice) — detto anche Fêng-Huang, Fung-hwang o Fum-hwang.
Rappresentava il potere e la prosperità, ed era un attributo esclusivo dell'imperatore e dell'imperatrice, che erano gli unici in tutta la Cina ad essere autorizzati a portare il simbolo del Feng. Era la personificazione delle forze primordiali dei Cieli, e talvolta veniva rappresentata con la testa e la cresta di fagiano e la coda di pavone (ma siccome i cinesi desideravano dare al Feng i più begli attributi di tutti gli animali, lo raffiguravano con la fronte della gru, il becco dell'uccello selvatico, la gola della rondine, il collo del serpente, il guscio della testuggine, le strisce del drago e la coda di un pesce).
Nel becco portava due pergamene o una scatola quadrata che conteneva i Testi Sacri, e recava iscritte nel corpo le Cinque Virtù Cardinali. Si dice inoltre che la sua canzone contenesse le cinque note della scala musicale cinese, e che la sua coda includesse i cinque colori fondamentali (blu, rosso, giallo, bianco e nero), e che il suo corpo fosse una mistura dei sei corpi celesti (la testa simboleggiava il cielo; gli occhi, il sole; la schiena, la luna; le ali, il vento; i piedi, la terra; e la coda, i pianeti).
Il Feng viene a volte dipinto con una sfera di fuoco che rappresenta il sole, ed è chiamato "l'uccello scarlatto": l'imperatore di tutti gli uccelli. Nato dal fuoco nella "Collina del Falò del Sole", vive nel Regno dei Saggi, che sta ad Est della Cina. Beve acqua purissima e si ciba di bambù. Ogni volta che canta, tutti i galli del mondo l'accompagnano nella sua canzone di cinque note. Appare soltanto in tempi di pace e prosperità, e scompare nei tempi bui. Diversamente dal Benu, il Feng può essere maschio o femmina, e vivere in coppia — coppia che rappresenta la felicità della coppia di sposi. Al concepimento, è il Feng a consegnare l'anima del nascituro nel grembo della madre.

In India

Nella cultura induista e buddista, la Fenice si chiama Garuda.
Ha ali e becco d'aquila, un corpo umano, la faccia bianca, ali scarlatte e un corpo d'oro. È uno dei supremi veggenti d'infinita coscienza. Narra la leggenda indù che Kadru, madre di tutti i serpenti, combatté con la madre di Garuda, imprigionandola. Garuda andò quindi a recuperare del Soma, che lo rese immortale, per liberare sua madre da Kadru. Viṣṇu, colpito da ciò, lo scelse come avatar (l'incarnazione terrestre) o destriero. Comunque, Garuda mantenne un grande odio verso i Naga (la famiglia dei serpenti e dei draghi), e ne ammazzava uno al giorno per pranzo. Poi però un principe buddista gl'insegnò l'astinenza, e Garuda riportò in vita le ossa di molti dei serpenti che aveva ucciso.

[modifica]In Giappone

In Giappone la Fenice figura col nome di Ho-ho o Karura (storpiatura del nome sanscrito Garuda): è un'enorme aquila sputa fuoco dalle piume dorate e gemme magiche che ne coronano la testa, ed annuncia l'arrivo di una nuova era.

Fra gli ebrei e i cristiani

Nelle leggende ebraiche, la Fenice viene chiamata Milcham. Dopo che Eva mangiò il frutto proibito, divenne gelosa dell'immortalità e della purezza delle altre creature del Giardino dell'Eden — così convinse tutti gli animali a mangiare a loro volta il frutto proibito, affinché seguissero la sua stessa sorte. Tutti gli animali cedettero, tranne la Fenice — che Dio ricompensò ponendola in una città fortificata dove avrebbe potuto vivere in pace per 1000 anni. Alla fine di ogni periodo di 1000 anni, l'uccello bruciava e risorgeva da un uovo che veniva trovato nelle sue ceneri.
La fenice è cantata da numerosi poeti classici, come Ovidio (Metamorfosi XV), che scrisse che ogni 500 anni essa si rigenerava istantaneamente dalla proprie ceneri, in un nido di piante aromatiche che essa stessa costruisce.
I padri della Chiesa accolsero la tradizione ebraica e fecero della fenice il simbolo della resurrezione della carne. La sua immagine ricorre frequentemente nell'iconografia delle catacombe.
Dante Alighieri la cita in una similitudine dell'Inferno (XXIV 106-115).

Paralleli con altre figure leggendarie

Quetzalcoatl, dio uccello (o serpente piumato) dell'America del Sud (Messico), aveva il dono di morire e risorgere; grande sovrano e portatore di civiltà. Da un'iscrizione Maya del 987 d.C.: «Arrivò Kukulkán, serpente piumato, a fondare un nuovo stato». I toltechi ne parlano come di un re-sacerdote di Tollan, che morì nello Yucatan, forse arso su un rogo (come la Fenice).
Wakonda, uccello del tuono degli indiani Dakota. Per i Sioux, "grande potere superiore", fonte di potere e saggezza, divinità generosa che sostiene il mondo e illumina lo sciamano
Nella narrativa dell'antica Persia è presentata con il nome di Homa o Seemorgh.
Altre curiosità
Quattro piramidi furono dedicate alla Fenice:
  • quella di Cheope, presso Giza, detta "dove il sole sorge e tramonta";
  • ad AbusirSahura, "splendente come lo spirito Fenice";
  • Neferikare, "dello spirito Fenice"
  • Reneferef, "divina come gli spiriti Fenice".
Una interessante spiegazione ornitologica per il mito della Fenice, è che alcuni grandi volatili sbattono le ali sul fuoco per uccidere i parassiti col fumo. La Fenice, nel suo aspetto distruttore, viene a liberare il mondo dal male — i parassiti, appunto — bruciandolo col Fuoco Spirituale.
Fernand Crombette, nell'opera biblico-egittologica 'Giuseppe, Maestro del Mondo e delle scienze', associa il Bennu a Giuseppe d'Egitto. Molteplici simboli associano il Principe e il Phenix. Giuseppe risulta anche l'anticipazione del Cristo che muore e risorge. Messo a morte dai fratelli è associato alla porpora sanguigna, ma regale, risorge glorioso.

La fenice nei fenomeni di massa

  • Hi no Tori (La Fenice) era il progetto più ambizioso del "padre dei mangaOsamu Tezuka, definito dall'autore stesso "l'opera della vita". Si tratta di un lungo affresco che narra la storia dell'umanità e la vana ricerca dell'immortalità da parte del genere umano, simboleggiata, appunto, dalla Fenice. La serie, cominciata nel 1954, fu interrotta, dopo dodici capitoli, dalla scomparsa dell'autore nel 1989.
  • Nel videogioco per nintendo DS Ace Attorney i primi tre capitolo hanno come personaggio l'avvocato difensore Phoenix Wright, chiaro riferimento alla fenice, inoltre viene raffigurato nel logo proprio come una fenice stilizzata sfruttando un effetto ottico.
  • Una fenice di nome Fawkes (nella versione inglese originale, in italiano si chiama Fanny) appare nella saga di Harry Potter come animale leggendario che appartiene al preside della scuola di HogwartsAlbus Silente. Si può ipotizzare che sia di sesso maschile (è indicata con il pronome maschile in inglese, mentre in italiano è neutra poiché non si fa riferimento a maschio o femmina). Nella saga fa riferimento ad altri poteri straordinari della fenice: è in grado di sollevare pesi immensi e le sue lacrime hanno potere curativo. Albus Silentesostiene che le fenici siano animali da compagnia estremamente fedeli. Nel secondo libro Fanny aiuta Harry nella Camera dei Segreti, dando il cappello magico all'eroe dal quale esce la spada di Godric Grifondoro. Inoltre guarisce con le lacrime Harry, quasi ucciso dal veleno del Basilisco. Inoltre nel sesto libro, "Il principe mezzosangue", Fanny se ne va per la morte di Silente.
  • Il Pokémon Ho-Oh è ispirato alla figura della fenice nella mitologia giapponese.
  • La Fenice appare come spirito invocabile in diversi videogiochi della saga di Final Fantasy. Il suo classico effetto è quello di far riprendere i sensi ai personaggi alleati sconfitti, e contemporaneamente infliggere danni di fuoco ai nemici.
  • Nel manga e anime Saint Seiya (I Cavalieri dello Zodiaco nella versione italiana) uno dei protagonisti, Ikki (Phoenix nella versione italiana), indossa l'armatura della Fenice che, una volta distrutta, è in grado di ricomporsi da sola in pochi minuti, ogni volta più forte e resistente di prima (proprio come la fenice che risorge dalle proprie ceneri): lo stesso Ikki sembra essere in grado di riuscirci. Quando i Saint di Atena si scontrano con gli Specter di Ade, Ikki si reca nell'Inferno e qui affronta uno dei 3 giudici infernali e generali degli Specter, Aiacos di Garuda! I suoi colpi segreti sono l'Hoohyoku Tensho o Houyoku Tensho (Volo delle Ali della Fenice, o Volo delle Ali Infuocate, nell'anime Ali della Fenice) ed il Phoenix GenmaKen (Colpo dell'Illusione Diabolica della Fenice, nell'anime Fantasma Diabolico)
  • Nel manga e anime B't X, il B't Je T'aime (Tempest nella versione italiana) è ispirato alla fenice della mitologia cinese e, come quest'ultima, dopo la morte è in grado di rinascere ogni volta più potente di prima (pur essendo una macchina).
  • Nell'anime di Monster Rancher la fenice è l'unico monster in grado di competere contro Master Moo e di riportare al loro stato precedente i monster diventati malvagi.
  • In videogiochi come Final Fantasy la Fenice è un essere il quale se invocato è in grado, attraverso le sue fiamme (che intanto danneggiano il nemico), di ridare vita ai personaggi e anche allo stesso invocatore. Le sue piume vengono appunto usate per resuscitarli dalla morte.
  • Nell'universo Marvel, con particolare riferimento alle avventure degli X-MenFenice è un'entità cosmica con un potere praticamente illimitato. Si è manifestata la prima volta possedendo il corpo di Jean Grey, e successivamente ha posseduto diversi altri personaggi. Nella miniserie Il canto di guerra di Fenice[2] è stata imprigionata apparentemente per sempre nel cuore adamantino delle Naiadi di Stepford.
  • Nel manga ed anime giapponese " Hokuto no Ken" (in italiano: "Ken il guerriero") di Buron Son e Tetsuo Hara, l'immagine della Fenice viene associata a Souther (o Sauzer). Souther è il guerriero più potente della Scuola di Nanto e rappresenta la figura dell'Imperatore Supremo di questa Scuola. Dopo essere stato addestrato dal maestro Ogai, lo uccide a sua insaputa a quindici anni divenendo l'unico ed incontrastabile Maestro del Colpo della Fenice. In onore del Suo Maestro, fa costruire una Piramide in puro stile egizio. Alla cima di questa piramide esegue il suo ultimo e terribile colpo: "Il volo della Fenice" appunto. Souther ha una rara deformazione anatomica, per cui il suo cuore si trova sul lato destro del petto; poiché questo segreto annulla gli attacchi di Kenshiro (il protagonista), egli si autoconsidera immortale ed invincibile proprio come l'uccello mitico che incarna.
  • Nell'anime giapponese Gear Senshi Dendo,in italiano Gear Fighter Dendoh,la Fenice è la settima arma elettronica e cerca la speranza.Può ridare la vita alle armi elettroniche,come nell'episodio Ritorno alla vita,quando Unicorno Perforante e Leone Cerchiato vengono distrutti da un'infezione della bestia aliena Ragoh.Dona a Dendoh e al Gear Knight Ohga l'energia infinita,una situazione nella quale le batterie di Dendoh e Ohga non si scaricano,mostrando sulla barra della carica una luce rosa e la scritta INFINITY invece che MAX.La fenice è l'arma suprema,in grado di rilasciare il potere delle armi elettroniche in un colpo distruttivo e dona una velocità incredibile,in grado di evitare una serie di raggi alla velocita di 200 Km/h.Nella battaglia finale dona ad Arthea due spade,e unendo il potere delle altre 6 armi elettroniche crea una lama in grado di uccidere il capo dei Galfer.
  • Nella serie animata Digimon, uno dei digimon protagonisti, precisamente Biyomon, in tutte le sue evoluzioni ha le fattezze della fenice. Nella "digievoluzione" diventa "Birdramon", un' aquila di fuoco. Poi "superdigievolve" in Garudamon, un digimon delle stesse sembianze della fenice e il quale nome è formato dalla desinenza "-mon", che è comune a tutti i digimon e "Garuda-", il nome della fenice nella cultura indiana. Infine, la sua "megadigievoluzione" è "Phoenixmon", un digimon che ha le esatte sembianze dell'uccello leggendario, con tanto di code dorate. Quindi un chiaro riferimento alla fenice.
  • Nel manga One Piece Marco, il comandante della prima flotta della Ciurma di Barbabianca, è in possesso dei poteri del frutto del diavolo grazie ai quali può trasformarsi in una Fenice circondata da fiamme azzurre che rigenerano le parti del corpo colpite dagli avversari. Marco viene appunto soprannominato "la Fenice".
  • La Fenice appare anche come unità mitica degli Egizi in Age of Mythology ed è raffigurata come un uccello infuocato con un becco simile a quello di un airone. Nel gioco la Fenice attacca con getti di fiamme e se uccisa appare un uovo nello stesso punto (solo su terreno pianeggiante), che permette di riportarla in vita con un costo in oro, a meno che l'uovo stesso non venga distrutto dal nemico.
  • Lo stemma della band dei Queen (disegnato da Freddie Mercury) include i segni zodiacali dei quattro componenti, sovrastati da un'Araba Fenice, scelta in segno di immortalità e speranza.
  • La Fenice dà il proprio nome a due vascelli visti in Star Trek: uno dei due veicoli è il primo vascello a volare a una velocità superiore a quella della luce (Star Trek: Primo Contatto) e il suo logo è appunto il mitico uccello che risorge dalle ceneri. L'altra, con numero di registro NCC-65420, è stata comandata dal Capitano Benjamin Maxwell; Miles O'Brien ha servito per un certo periodo su questa nave prima di trasferirsi sulla U.S.S. Enterprise.


Note

  1. ^ Capitolo 17 del Libro dei Morti
  2. ^ X-Men: Phoenix Warsong nn. 1-5, novembre 2006-marzo 2007; prima ed. it. X-Men Deluxe nn. 150-151, Panini Comics, ottobre-novembre 2007.   

Bibliografia

  • Umberto Capotummino. L'occhio della Fenice - Sapienza e divinazione dall'antica Cina all'antico Egitto. Palermo, Sekhem, 2005. ISBN 88-902054-0-7
  • R. van Den Broek. The Myth of the Phoenix - According to Classical and Early Christian Traditions. E.J.Brill, Leiden, 1972.
  • Silvia Fabrizio-Costa (a cura di). La Fenice : mito e segno (simposio dell’università di Caen). Peter Lang, Bern, 2001. ISBN 3-906767-89-2
  • Françoise Lecocq, « Les sources égyptiennes du mythe du phénix », L’Egypte à Rome (colloque de Caen, 28-30.11.2002), éd. F. Lecocq, Cahiers de la MRSH-Caen n° 41, 2005, 2° éd. rev. et corr. 2008, p. 211-266. [ISSN 1250-6419]
  • Françoise Lecocq, « L’iconographie du phénix à Rome », Images de l’animal dans l’Antiquité. Des figures de l’animal au bestiaire figuré ; preprint : [1], p. 73-106.
  • Françoise Lecocq, « L’œuf du phénix. Myrrhe, encens et cannelle dans le mythe du phénix », L’animal et le savoir, de l’Antiquité à la Renaissance ; preprint : [2], p. 107-130.
  • Francesco Zambon, Alessandro Grossato. Il mito della fenice in Oriente e in Occidente. Venezia, Marsilio Editori, 2004. ISBN 88-317-8614-8
da Wikipedia





La fenice e la precessione degli equinozi
Nella era più antica della religione egiziana, come documentato in un testo delle piramidi, la Fenice viene indicata come una delle forme assunte da Atum, il dio primordiale dell’Enneade di Eliopoli, la città dei nove dèi originari.
Risale a questo testo la connotazione etimologica della Fenice: bnw, ovvero benu, che deriva dal verbo wbn che significa splendere, sorgere fulgidamente; funzione associata al sorgere del dio primordiale, Atum, generatore dei nove dei dell’Enneade, nell’immagine di una pietra conica primigenia benbencustodita nel tempio di Eliopoli. Questo gioco etimologico, che evoca l’autogenerazione luminosa del tempo, vela una concezione segreta che è rintracciabile nella simbologia del Libro dei Morti, Formula 17. Nel dettato esoterico delle immagini ivi contenute, Atum e gli altri dei dell’Enneade costituiscono il luogo e la forma del divenire, in una sequenza novenaria al comando del dio sole Ra, che tuttavia ha posto le sue basi su una sequenza ottonaria identificata nell’altura di Kemenu, ovvero la Città degli Otto.
Quest’ultima è abitata da otto entità prime bilanciate in quattro coppie di deità nominate come “Abisso, Tenebre, Invisibile, Acque primeve” a significare la concezione di fondamento non manifesto del tempo su cui successivamente prenderà forma manifesta la sequenza novenaria scaturita da Atum. I sacerdoti di Menfi all’inizio dell’Antico Regno consacreranno l’insieme degli archetipi immanenti e polarizzati dalle otto deità di Kemenu, animato dal demiurgo Ptah, guardiano dell’asse del mondo, alla città di Ermopoli; dai teologi egizi questo insieme è identificato come il piano di base (ipostasi) abitato dalla sequenza circolare dei nove dèi di Eliopoli. L’attivazione di questa dinamica si rivela in un corpo di fruizione che vedrà nel sorgere della Fenice l’esito della trasfigurazione del tempo.
Leggiamo infatti la Formula 17:
<<Io sono Ra alla sua prima apparizione che governa ciò che ha fatto[1]. E’ il cominciare di Ra quando sorge in Het-nen-nesut[2] come l’essere che si è dato la forma, quando Shu[3] ha sollevato il cielo tenendosi sull’altura di Kemenu[4].>>
Nel rinnovarsi del corpo di fruizione, poche righe più avanti nella stessa Formula 17, di colui che incarna Ra nell’adorazione, l’Osiride, sarà detto: <<E’ il suo fallo col quale si è unito a se stesso.>> E l’Osiride replica:<<Io sono questo  grande Bennu (Fenice) che è in On[5]>>
Quindi sta scritto che la Fenice nasce dall’unione del divenire dell’Osiride con la sua forma prima depositata nel rituale esplicitato. In un altro passo della medesima Formula 17 il corpo di fruizione assume una connotazione temporale ciclica che si involve su se: <<Io sono Ieri e conosco il Domani, lo Ieri è Osiride e il Domani è Ra>> Nella teologia egizia i nomi evocativi di Ieri e Domani sono associati alle funzioni del Duplice Leone che sorveglia la rinascita del Sole mistico nei circuiti del cielo presieduti dalla Croce Ansata posta al centro di Due Leoni quale sigillo segreto (di cui parleremo prossimamente)
Duplice Leone sarcofago museo del Cairo 
Ne consegue che all’interno delle ronde delle rinascite del Sole-Osiride, la Fenice apparirà quando il processo di rinnovamento sarà perfettamente purificato. Questo evento si darà nella Sala delle Due Maat, o Sala della Bilancia, in cui le duplici valenze esaminate giungono a un piano d’equilibrio o di manifestazione. Nel Libro Egiziano dei Morti questo piano di equilibrio e di radianza è rivelato nella Formula 125. Nella stessa sequenza delle Formule del testo, il cui titolo esatto è: “Formule per uscire al giorno”, indicandosi un cammino di manifestazione per l’Osiride, è contenuta la rivelazione cui le nascite della Fenice si riferiscono. Come riferito da Erodoto II 73Cheremone[8]Orapollo[9] I Geroglifici I, 35; Eliano di Preneste[10] VI, 58... la vita della Fenice nella tradizione egizia è computata in 500 anni. Questo è un numero che, come tra breve vedremo, si rapporta al calcolo della precessione degli equinozi con la quale s’intende un arretramento di 72 anni per grado che il Polo Nord della terra compie, ruotando attorno al proprio asse, mentre oscilla per l’attrazione di sole e luna sull’eclittica, che rispetto al Polo Nord celeste è invece fissa. Questa oscillazione descrive con moto retrogrado un’orbita di 23,27° posta in relazione all’eclittica che fa da sfondo. Il movimento di precessione dell’asse terrestre genera uno spostamento lungo l’eclittica dei punti equinoziale di primavera (Ariete) e di autunno (Bilancia) calcolato in 50’’25 in un anno, ovvero un grado ogni 72 anni. Il numero della rotazione retrograda di 360° moltiplicato per il valore 72 dà come risultato 25.920. Se è possibile dimostrare un nesso del numero degli anni di vita della Fenice assegnato in 500 con il numero della precessione 25.920, ne discende che gli Antichi Egizi avevano conoscenze astronomiche e che esse sono depositate in codice nel Libro dei Morti la cui redazione della città di Sais, pervenutaci interamente nella sua elaborazione canonizzata, consta di 165 Formule di cui le ultime tre risultano aggiunte in seguito da un testo africano.
Difatti la Formula di Chiusura dei Libri è riportata alla 162 (18 x 9) e questo è il numero di riferimento dei calcoli[6]. Presento dunque i seguenti rapporti: il dio Ptah, il demiurgo che governa l’asse del mondo, presiedeva a Menfi la festa di consacrazione di ogni reincarnazione del toro Apis. La ricorrenza si dava ogni 25 anni, come attesta l’iniziato ai misteri egizi, Plutarco: “Cinque al quadrato (cioè 25) dà un numero che corrisponde esattamente a quello delle lettere dell’alfabeto egiziano nonché agli anni di vita di Apis”[7]. Un ciclo di vita di Apis di 25 anni corrisponde a 309 lunazioni, secondo il papiro Calsber 9 (25x 365 = 9125 giorni cosicché 9125/309 = 29,5307 giorni per lunazione) quindi un doppio ciclo di vita di Apis di 50 anni ha 618 lunazioni (309x2).
Questo numero esprime la sezione aurea 618 = ( PHI-1)x1000.
Dato che per la precessione degli equinozi l’asse terrestre retrocede su se stesso di 360° ogni 25920 anni, con un arretramento di 72 anni per grado, possiamo redigere il seguente rapporto fondato sulla metà del giro celeste (180°).
Ponendo un grado di precessione in relazione a 50 anni solari 72 : 50 = 180 : X la soluzione della proporzione è

180 x 50
X= ----------- = 125
72

Inoltre gli anni della precessione 25.920 entrano in relazione con il numero 162 relativo alla Formula di chiusura del Libro dei Morti moltiplicato per 10.000 secondo l’espressione
25.920 : 8 = 1.620.000 : X la soluzione della proporzione è

1.620.000 x 8
X= --------------- = 500
25.920

Quindi la rinascita della Fenice attestata nella Formula 125 del Libro dei Morti risponde ai calcoli proposti che hanno nel numero 8 e nella città di Ermopoli ad esso associata il riferimento teologico a una numerologia occulta riferita al tempo delle origini, figurati negli archetipi dell’altura di Kemenu di cui abbiamo detto sopra.
Coerentemente a quanto assunto nella Formula 125 del Libro dei Morti leggiamo la seguente dichiarazione dell’Osiride: <<La mia purità è quella del Gan Benu che è a Het-nen-nesut (la città del bambino repoiché io sono le nari del Signore del soffio (Shu) che fa vivere gli uomini il giorno in cui l’Occhio si riempie in Eliopoli nell’ultimo giorno del mese di Mekir alla presenza del Signore di questa terra.>>
Si allude qui al dio dell’aria Shu che assiste gli accoppiamenti magici degli dèi, come quello di Geb, dio della terra, e Nut, dea del cielo che avranno esito nel fondare l’Enneade di Eliopoli. Nel riferimento all’Occhio di Horo si dà infine la ricaduta del processo all’interno della declinazione zodiacale, attestata dal mese di Mekir (29 dicembre - 27 gennaio – solstizio d’inverno).
Da quanto esposto si intenderà qual è il riferimento temporale che esprime la Fenice posta tra due soli, di cui uno sul capo, nella Barca Sacra raffigurata nella tomba di Irenifer, Deir Medina XIX Dinastia, mentre incendia la luce che attraversa nel moto retrogrado dei cieli connessi al ritorno periodico di solstizi ed equinozi sugli assi portanti del cosmo.
La fenice sulla barca sacra. Tomba di Irenifer Deir Medina XIX Dinastia



[1] L’enneade
[2] La città del bambino re
[3] Il dio dell’aria
[4] La Città degli Otto
[5] Eliopoli
[6] Vedi la traduzione di Boris de Rachewiltz- Papiro di Torino
[7] Iside e Osiride: 56
[8] Filosofo stoico e grammatico iniziato ai misteri egizi. Frammenti del suo  I Geroglifici sono riportati da Tzetzes, filologo bizantino.
[9] Diresse la scuola egizia al tempo di Zenone
[10] Autore del trattato: Sulle caratteristiche degli animali
- Tratto dal libro "L'occhio della Fenice" di Umberto Capotummino - Sekhem Editore



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